Una chiacchierata con Skande, tra blog, comunicazione e tanto altro

riccardo scandellari skande

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Questa è un’intervista atipica, chiariamoci subito! Quando ho detto a Riccardo Scandellari (aka Skande) che volevo ospitarlo sul mio blog, lui mi ha detto “Si, volentieri, ma facciamo una cosa diversa. Facciamo che alle varie domande rispondi anche tu e il contenuto finale somiglia più a una chiacchierata che a un’intervista“.

Non potevo dirgli di no!

Riccardo ha da poco pubblicato il suo quarto libro, dal roboante titolo “Rock’n’Blog“, che ho divorato in un paio d’ore. Un libro che parla di blog, di comunicazione, di internet e… di mindset.

E proprio sul mindset Riccardo, ancora una volta, mi ha convinto. Eh si, perché se leggi questo blog dovresti ormai aver capito che quello del mindset è una delle tematiche che più mi sta a cuore quando si parla di digitale e di strategia.

E allora vediamo un po’ il caro vecchio Skande cosa aveva da dirmi a tal proposito…

Raffaele Gaito: Ciao Riccardo, è un piacere averti ospite su questo blog.

È appena uscito un tuo libro, non è sicuramente il primo, ma è il primo ad uscire con una major (Mondadori). In un momento storico dove chiunque può pubblicare un libro e siamo letteralmente inondati da uscite di qualità dubbia, che non durano nemmeno una stagione, come si fa a scrivere un libro che duri nel tempo e che la gente voglia comprare ancora tra qualche anno?

Riccardo Scandellari: Non è una cosa semplice!

Rimangono i libri che aprono delle porte, quelli che raccontano un nuovo approccio o aprono a nuove consapevolezze. L’uscita dei libri è notevolmente incrementata per una questione tecnica: i costi di stampa e distribuzione si sono enormemente abbassati.

Oggi un piccolo editore può stampare digitalmente solo 500 copie del libro e incrementarle solo nel caso aumenti la domanda. Con questo libro ho cercato di rompere lo schema dei precedenti e, anche se non ho inventato nuovi concetti, ho tentato di creare un percorso di crescita sostenibile.

RG: Vabbè se mi citi il percorso, me la passi su un piatto d’argento. Io ho da pochissimo pubblicato un post proprio sull’importanza di godersi il percorso invece che puntare al “fantomatico successo” che spesso è solamente un’illusione per venderti qualcosa.

Concordo quindi con te sull’importanza di creare libri che siano percorsi e che a volte non facciano altro che mettere il buon senso nero su bianco. Il fatto è che a volte lo diamo per scontato, il buon senso. E scontato non è per nulla.

Nell’introduzione del tuo libro, c’è un passaggio che mi ha colpito molto dove dici “non troverai trucchi su come caricare un video su youtube o aprire una pagina fb, per quello ci sono tanti tutorial in rete” e io appena l’ho letto ho sorriso e ho pensato a quante volte ho ripetuto questa stessa identica frase parlando del mio libro.

Ti faccio una provocazione a tal proposito: nell’eterna lotta tra teoria e pratica siamo finiti in un momento storico dove paradossalmente si esalta lo smanettone e si mette da parte il mindset, la visione e la strategia. Chi, come te, ha una certa visibilità e può parlare alle persone attraverso un libro (o un blog) che responsabilità ha da questo punto di vista?

Per capirci, come si ridà valore alla strategia in un momento storico dove tutti vogliono il trucchetto e la scorciatoia?

RS: Ti confesso che in passato sono stato un grande ricercatore di trucchetti e scorciatoie.

Agli inizi del web pagavano queste abilità, essendo i computer e gli algoritmi molto più spartani rispetto a quelli del 2018. Poi negli ultimi anni la svolta, ora non pagano più, paga l’approccio umanistico e la capacità di conservare le relazioni.

I contenuti fanno la differenza, scorciatoie per fare grandi contenuti (senza mettersi in ridicolo) non ne ho mai trovate. Quindi lo studio di se stessi, degli altri e del proprio modo di comunicare è questione altamente strategica e funzionale alla capacità di imporsi in un determinato settore.

RG: Approfondiamo un attimo questo aspetto dei contenuti perché per me è un po’ la chiave di tutta la questione, visto che lo considero lo step fondamentale di qualsiasi strategia degna di questo nome.

Nel libro metti molto l’accento sull’importanza del blog e dei contenuti (e sappi che per questo ti ho sempre apprezzato), ma più passa il tempo più mi rendo conto che se si vuole allargare la propria audience si deve inevitabilmente semplificare nei contenuti.

Bisogna uscire dalla propria bolla per addetti ai lavori e parlare alle persone comuni con un linguaggio semplice.

Appena lo fai, ovviamente rischi di perdere la fanbase iniziale che, addirittura, potrebbe remarti contro. Oggi chi comunica come trova il giusto equilibrio tra le due cose? O meglio, l’equilibrio esiste oppure perdere gente per strada fa parte del processo di crescita?

Mi ricorda un po’ il paradosso degli artisti indipendenti: se suoni di nicchia raggiungi un pubblico piccolo (perché gli altri non ti “capiscono”) che ti adora, ma appena vuoi raggiungere un pubblico più ampio allora il fan della prima ora ti etichetta come “commerciale” e lo perdi.

Che ne pensi di tutta ‘sta questione?

RS: Ti dico che… dipende!

Rispondere a questa domanda è molto complesso e per farlo provo a semplificare.

Quando comunichiamo a una nicchia molto verticale rischiamo, ma è quasi una certezza, di non essere compresi dalla massa. Se abbiamo una nicchia, comunicare, è il modo per ottenere fiducia, lavoro e opportunità da parte di questa ristretta parte della popolazione.

Appena iniziamo il processo di semplificazione allarghiamo il pubblico e rischiamo di essere considerati meno professionali da chi è molto addentro alla professione.

Questo a me accade quotidianamente, perché da quando ho iniziato a comunicare ho ragionato sul fatto che non volevo parlare ai concorrenti, ma ai clienti. Volevo essere compreso da chi mi avrebbe chiamato per darmi lavoro.

Quindi in fin dei conti è tutta questione di pubblico:

  • Chi ti darà fatturato?
  • Come parla?
  • Dove si trova?
  • Che tipologia di contenuti apprezza?

Rispondendo a queste domande trovi il luogo, il registro e il modo corretto di comunicare.

RG: Ti confesso che mi fai sentire meno solo con questa risposta.

Anche a me capita di continuo e anche a me è scattata una “molla interiore” che mi ha fatto intuire che forse dovevo smetterla di parlare a chi ste cose già le conosceva e rivolgermi a chi non le aveva mai sentite prima.

E ti confesso che più passa il tempo e più apprezzo i professionisti che sanno parlare ai non addetti ai lavori. La vera difficoltà sta, a mio avviso, proprio nel saper semplificare.

È troppo facile fare il figo con il pubblico di esperti dove puoi usare i paroloni in inglese, i casi studio famosi e le supercazzole da venditore americano.

Anche se non volevi domande da intervista classica, una te la devo fare. Una sola, giuro, che chiedo a tutti quelli che passano su questo blog.

Un imprenditore o un professionista che non ha mai comunicato online prima d’ora e vuole partire oggi cosa dovrebbe fare? Diciamo che questi sono i classici tre consigli in chiusura o, se vuoi, puoi darmi i tre takeaway principali dal tuo libro!

RS: Beh, questa è facile, dai!

Se devo chiudere con tre consigli ti direi:

  1. Rispettare se stesso
  2. Rispettare gli altri
  3. Dare per ricevere

Se uno fa sue queste tre regole in modo energico quando comunica può evitare anche di acquistare il mio libro; in cui esorto le persone a fare questo quotidianamente.

RG: Hai finito col botto! L’ultimo punto è quello che io chiamo la strategia della generosità e che credo dovrebbe diventare una regola di vita, non solo di comunicazione online!

Parliamo meno di lead e più di persone, proviamo a costruire invece di spremere e, soprattutto, ragioniamo nel lungo periodo.

Non ti rubo altro tempo, grazie mille della tua disponibilità, anche con pochi semplici concetti sei stato di grandissimo valore.

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