Abbiamo la responsabilità di semplificare

semplificare

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Hai presente quando parli con il tuo dottore e non riesci a capire manco il 50% di quello che ti sta dicendo?

O con il tuo commercialista. O con il tuo avvocato.

Personalmente ho sempre odiato questa cosa. Questo terribile “effetto ignoranza” in cui precipito quando parlo con alcuni consulenti o specialisti.

Durante la conversazione passo il 90% del tempo a chiedermi “ma è lui che parla difficile o sono scemo io che non sto capendo niente?”.

A un certo punto mi sono passato la mano sulla coscienza e mi sono chiesto se qualcosa del genere avvenisse anche nel mio settore, nel mondo digital in tutte le sue mille sfaccettature.

La risposta a cui sono arrivato è si, capita e come!

È ormai da un paio di anni che il tema della semplificazione e dell’accessibilità mi ronza per la testa e più passa il tempo più mi rendo conto che cresce dentro di me e diventa prioritario rispetto ad altri aspetti.

Vado a conferenze, eventi, talk e iniziative dove addetti ai lavori si parlano addosso in un linguaggio talmente complesso e spesso incomprensibile da far drizzare i peli sulle braccia.

E non mi riferisco solo agli inglesismi inutili (che, sia chiaro, hanno un bel peso in tutta la faccenda), ma anche all’incapacità di rendere comprensibile e familiare un concetto a una persona che lo ascolta per la prima volta.

In uno scenario del genere è ovvio che il pubblico di questi eventi sia formato perlopiù da addetti ai lavori. Così come è ovvio che l’utente medio sia spaesato e spesso diffidente rispetto ai “nostri” temi.

Il caro vecchio Albert Einstein a tal proposito diceva:

Non conosci veramente qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna

Se ci pensi è un po’ un cane che si morde la coda. Un assurdo e infinito circolo vizioso che possiamo (e dobbiamo) spezzare solo noi. Noi che prendiamo il microfono in mano. Noi che ci mettiamo davanti alla videocamera. Noi che abbiamo un blog. Noi che facciamo consulenza. Noi che formiamo e insegniamo.

Eh si perché è facile additare l’utente medio e accusarlo di ignoranza verso il digitale. È facile, allo stesso modo, accusare il cliente di turno di incompetenza e inesperienza (e quanti professionisti lo fanno pubblicamente sui social media? eh si se lo fanno!). È facile prendersela con il contesto, con il pubblico, con i lettori, con i follower, i fan e chi più ne ha più ne metta.

Ma se invece facessimo un passettino indietro per considerare le colpe che abbiamo noi in tutto questo?

Lo scrivevo già in un post di inizio anno sugli insegnamenti di business che ho avuto nel 2017. Il punto 3 di quel post era “Abbiamo la responsabilità di semplificare” e mi ripromettevo di tornare sull’argomento in un secondo momento, per approfondirlo.

Eccolo quel secondo momento.

In quel post dicevo:

Semplificare significa rendere accessibile, significa scendere dal trono e iniziare a mettersi sullo stesso piano dell’interlocutore. Anzi, significa mettersi nei suoi panni e ragionare come lui.

Più passa il tempo e più mi rendo conto che questo aspetto è fondamentale.

Sia chiaro, questa non è una riflessione da weekend mentre sorseggio una birra in riva al fiume leggendo Steve Jobs (#truestory), è qualcosa che sto sperimentando e provando sulla mia pelle in maniera diretta da un paio di anni ormai.

Durante la fine del 2017, ho avuto il piacere e la fortuna di girare parecchio l’Italia per presentare il mio libro nei contesti più disparati. In uno di questi eventi avevo un pubblico atipico, in sala non c’erano startupper, esperti di digital o social media cosi. C’erano imprenditori vecchia scuola, “tradizionali” li definiremmo noi, quasi snobbandoli. Di quelli con la “I” maiuscola e i calli sulle mani, direbbe mio nonno.

In quell’occasione una persona si avvicinò a fine evento e mi sussurrò “è stata la prima volta che ho sentito parlare di marketing e non mi hanno fatto sentire un cretino”.

BOOM! Illuminazione.

Era esattamente quello che pensavo io quando mi trovavo a parlare con i consulenti e gli specialisti di cui sopra. La sensazione più brutta del mondo: quella di un argomento lontano da te, che non capisci e che non potrai mai comprendere.

Da quel giorno mi son chiesto, prima di ogni momento pubblico importante: come voglio far sentire i miei clienti? I miei utenti? I miei spettatori? I miei lettori?

Se ci pensi sembra quasi banale come domanda, ma non lo è per niente, altrimenti se la farebbero in tanti e avremmo uno scenario leggermente diverso.

Infatti, sempre in quel famoso post di inizio 2017, dicevo anche che diamo troppe cose per scontato.

Saliamo sul palco o entriamo in azienda pensando che tutti abbiano letto Kotler, Ries e Godin. Che tutti sappiano cosa sia un funnel, il retargeting e i big data. Che tutti abbiano usato almeno una volta nella vita Google Analytics, Facebook Ads e Trello. Che tutti guardino i video di Gary Vee, Guy Kawasaki e Simon Sinek.

Sai qual è la verità? Nessuno lo fa, se non noi addetti ai lavori.

E quindi proprio noi addetti ai lavori (scusa, oggi l’ho usata veramente tanto sta parola) dovremmo non solo fare un passettino indietro, ma anche scendere dal piedistallo. Dare meno risposte e fare più domande. Avere qualche certezza in meno e qualche dubbio in più.

Col ruolo che ricopriamo abbiamo la responsabilità di non dare nulla per scontato e fornire tutti i pezzi del puzzle a chi ci ascolta.

Proviamo per un attimo a cambiare punto di vista e a dare di meno la colpa agli altri e a cercare di capire che colpa abbiamo noi in tutta la faccenda?

E lo so che non è facile, so che i paroloni difficili fanno vendere più libri e fanno aumentare le tariffe della consulenza. E infatti, sempre in quel post di inizio 2018 dicevo:

Nel 99% dei casi perderai qualcuno per strada, è inevitabile. Inizierà il malcontento tra i “fan della prima ora” perché la semplificazione è un qualcosa visto malissimo tra i gli addetti ai lavori. Molto meglio rimanere nella propria torre d’avorio fatta di paroloni in inglese incomprensibili. Anzi, più ne mettiamo e meglio è, così possiamo farci pagare di più durante le consulenze!

Credo che sia un processo abbastanza naturale. Nel momento in cui decidi che vuoi raggiungere un pubblico più ampio devi smetterla di farti pipponi mentali super complicati e devi iniziare a semplificare.

Cari colleghi, credo che se vogliamo davvero avere un impatto abbiamo la responsabilità di semplificare!

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