7 cose (di business) che ho imparato nel 2017

lezioni 2017

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Questo è uno dei quei post di riepilogo che solitamente si fanno a fine Dicembre o, al massimo, a inizio Gennaio con tutte le lezioni imparate durante l’anno trascorso.

Io ci ho messo un po’ per scriverlo, sono stato tentato più volte dal non cliccare quel pulsante “pubblica” e quindi alla fine, per un motivo o per un altro, sono arrivato a pubblicarlo quasi a Febbraio.

I contenuti di valore non dovrebbero avere una data di scadenza, quindi eccomi qua con un bel post sulle valutazioni lavorative del 2017 e le lezioni di business che ho imparato nel corso di questo anno fantastico.

Prima di addentrarci nell’elenco però è necessaria una premessa: questo post è pieno di informazioni apparentemente ovvie e scontate. Quasi banalità, si potrebbe azzardare a dire. E da un certo punto di vista è così: quando hai fatto tuo un concetto lo ritieni ovvio e scontato se ne parlano gli altri. A me capita di continuo e sarà sicuramente capitato anche a te!

Però la verità è che certe cose dobbiamo provarle sulla nostra pelle per rendercene conto. Come ho detto in un altro post, senza sporcarti le mani certi concetti non riesci a farli tuoi. Ed è quello che è successo a me durante il 2017 e che succede ancora oggi.

Ecco perché ho pensato di condividere queste informazioni qui sul blog, servono sia a me che a te. Servono in primis a me, come promemoria (e a volte come avviso) di errori commessi, passi in avanti fatti e scoperte effettuate. E poi potrebbero servire a te, perché magari un concetto che per me ormai è ovvio e scontato potrebbe accendere in te una scintilla e portarti a fare una riflessione particolare.

Non si sa mai…

1. Diamo troppe cose per scontate

Parto proprio da questo aspetto, collegandomi alla premessa di cui sopra.

Sono sempre stato uno che dava un sacco di cose per scontate, che considerava ovvi e banali certi argomenti, certi discorsi o certe informazioni, lavorativamente parlando.

Il 2017 mi ha insegnato che mi sbagliavo di grosso e che se hai un minimo di visibilità (online o offline, poco importa) allora hai anche la responsabilità di non dare nulla per scontato e fornire tutti i “pezzi del puzzle” a chi ti ascolta/legge/segue.

Se questa lezione è valida in generale, lo è ancora di più quando ti trovi ad essere pioniere in un settore o in una materia (un po’ come sta succedendo a me con il Growth Hacking) e il tuo ruolo diventa quasi quello di informare ed evangelizzare una certa nicchia o un certo pubblico.

Evento dopo evento, presentazione dopo presentazione, lezione dopo lezione ho capito che era meglio fare un passettino indietro e introdurre quel concetto che stavo dando per scontato, era meglio aprire una parentesi e spiegare in dettaglio una certa affermazione, era meglio utilizzare una parola in italiano invece dell’ennesimo parolone in inglese incomprensibile ai non addetti ai lavori.

Ho iniziato a farlo anche con i miei contenuti, soprattutto con la pagina Facebook. All’inizio provavo a segnalare il tool poco conosciuto, il libro di nicchia e così via. Poi mi sono reso conto che spesso mancavano le basi, i fondamentali. E così ho scoperto che, tutta una serie di strumenti e informazioni che io davo per scontati erano, in realtà, poco conosciuti a una grossa fetta del mio pubblico.

Due anni fa non avrei mai pensato di suggerire libri come “La mucca viola” o “Le 22 leggi immutabili del marketing” o il “Cluetrain Manifesto” perché davo per scontato che chiunque lavorasse in questo settore li aveva già letti.

Mi sbagliavo di grosso!

Se di fronte a un gruppo di 100 persone suggerisco uno di questi libri e anche uno solo in sala non l’ha letto… bene, ho aiutato quella persona a fare un passo in avanti e a vedere il marketing con occhi diversi!

2. Abbiamo la responsabilità di semplificare

Questo secondo aspetto è, tra le 7 lezioni elencate in questa pagina, uno dei più importanti ed è strettamente collegato con il punto precedente.

Parlando di semplificazione si potrebbe aprire una parentesi infinita e, perché no, forse un giorno la aprirò con un altro post.

Il concetto è: a un certo punto devi semplificare!

È inevitabile, soprattutto se non vuoi parlare per sempre agli stessi quattro gatti del tuo pubblico iniziale formato da addetti ai lavori. Semplificare significa rendere accessibile, significa scendere dal trono e iniziare a mettersi sullo stesso piano dell’interlocutore. Anzi, significa mettersi nei suoi panni e ragionare come lui.

Nel 99% dei casi perderai qualcuno per strada, è inevitabile. Inizierà il malcontento tra i “fan della prima ora” perché la semplificazione è un qualcosa visto malissimo tra i gli addetti ai lavori. Molto meglio rimanere nella propria torre d’avorio fatta di paroloni in inglese incomprensibili. Anzi, più ne mettiamo e meglio è, così possiamo farci pagare di più durante le consulenze!

Credo che sia un processo abbastanza naturale. Nel momento in cui decidi che vuoi raggiungere un pubblico più ampio devi smetterla di farti pipponi mentali super complicati e devi iniziare a semplificare.

Come succede nella musica, probabilmente ti diranno che “eri meglio prima”, che “sei diventato commerciale” o che “il tuo primo album era il migliore”. Niente di sconvolgente, è uno step necessario nel processo di evoluzione.

3. Non puoi piacere a tutti, ma è meglio così

Il terzo punto è la diretta conseguenza dei primi due. Nel momento in cui decidi di non dare nulla per scontato e di semplificare succedono due cose: qualche “fan della prima ora” storce il naso e arrivano i famosi hater.

Il 2017, da questo punto di vista, è stato per me una palestra importantissima. Ho scoperto che anche se non sei lo Youtuber famosissimo con 10 milioni di follower finisci comunque in certe dinamiche (non belle) tipiche di chi ha visibilità ed esposizione. Anche poca, ne basta veramente poca per scatenare alcuni meccanismi.

E come in un incontro di boxe dove per quanto tu sia bravo, prima o poi un bel cazzotto in faccia lo prendi, ho scoperto cosa significa avere degli hater. Ho scoperto cosa significa avere degli stalker. Ho scoperto fin dove possono spingersi le persone. Ho scoperto quanto l’invidia sia una brutta bestia. Ma brutta davvero.

All’inizio ci stavo male e cercavo di tenermi in equilibrio su una corda troppo sottile e troppo in alto, cercando di piacere a tutti, di essere sempre carino e simpatico, di non espormi mai con un’opinione personale, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

Poi a un certo punto ti trovi di fronte a un bivio: o impazzisci per stare dietro all’opinione delle persone o realizzi che non puoi piacere a tutti. Passi in modalità “sticazzi, chi mi ama mi segua” e ti accorgi che da un certo punto è inevitabile che il pubblico si spacchi, che la loro opinione diventi polarizzata e che starai antipatico a qualcuno.

Appena l’ho realizzato è stato come aver scoperto le altre marce di una Aston Martin che stavo guidando in prima da troppo tempo.

Ho anche trovato un bell’antidoto usando una tecnica che ho letto da qualche parte ma non ricordo dove: ho creato una cartella dal nome “Cose belle” sul mio desktop e dentro ci metto tutti i post e messaggi dove qualcuno mi ringrazia o mi fa i complimenti, tutti i successi lavorativi e tutte quelle situazioni belle che ti fanno tornare il sorriso quando sei un po’ giù!

4. Il coaching è una cosa seria, se fatto bene

Nella macrocategoria di “cose che ritenevo banali perché sono un cretino” c’era anche il coaching. Per una vita ho avuto una pessima opinione di questo mondo etichettandolo come “fuffa”, “banalità” o, nel migliore dei casi, “puro buon senso”.

Come spesso succede quando si esprimono opinioni su cose che non conosciamo, mi sbagliavo di grosso!

Il 2017 è stato anche l’anno in cui ho capito che il coaching è una cosa seria e utile e che ad un certo punto può aiutarti a fare la differenza nel tuo lavoro… e così mi sono procurato un business coach!

Anche il buon senso a volte ha bisogno di una spintarella e avere qualcuno che dall’esterno ti dica che stai facendo una cazzata o che hai la soluzione davanti agli occhi ma non la vedi, aiuta parecchio.

In fin dei conti è un processo molto simile a quello che faccio io da anni con altri imprenditori e startupper: una persona esterna, che non ha i pregiudizi e i bias dei diretti interessati e riesce a unire i puntini perché guarda al progetto da lontano. È una manna dal cielo, da tutti i punti di vista.

E se vogliamo dirla tutta, ricollegandomi al punto uno, farsi affiancare da un coach aiuta tantissimo nel processo di non dare nulla per scontato. Provare per credere.

5. Se ti lamenti della fuffa, forse ne fai parte

Se ci hai fatto caso, negli ultimi anni sono aumentati a dismisura i post degli addetti ai lavori dove in maniera più o meno ironica e più o meno diretta ci si lamenta di qualcosa.

I soggetti preferiti? Il cliente che non paga, il cliente che non capisce, il dipendente poco sveglio, il competitor poco capace e, una su tutte, il nemico immaginario di tutti gli addetti ai lavori: la fuffa!

L’esperto di marketing/business/digital che si lamenta della fuffa mi ricorda un po’ le dinamiche tipiche di molte canzoni Rap. Non so quanto sei pratico dell’argomento, io sono un grosso fan (ma proprio grosso) e una delle critiche più frequenti che venivano fatte al rap (soprattutto nei ’90) era questo continuo attaccare dei nemici immaginari: chi ce l’aveva con gli scarsi, chi con i venduti, chi con i falsi, e così via.

Nel mondo del digital è uguale, ma la chiamano fuffa. Tutti a lamentarsi, ma nessuno che racconti mai un episodio realmente accaduto o che faccia il nome di una persona coinvolta. Tutti vittime di questa fuffa dilagante che uccide il mercato, abbassa il livello e fa morire gli unicorni.

Poi ti capita che con alcuni di questi ci lavori (o a volte ci parli solamente) e capisci che della fuffa di cui si lamentano così tanto in realtà ci sono dentro fino al collo.

Confesso che ogni volta che leggo un post di lamentele mi cadono le braccia. Sono diventato talmente intollerante alla cosa che se una persona lo fa spesso preferisco rimuoverla dai contatti o silenziarla sui social. Non c’è niente di costruttivo in quell’approccio.

La lamentela fine a se stessa è inutile e controproducente. Molto meglio rimanere in silenzio e ottenere risultati invece di continuare ad urlare al mondo intero quanto la vita sia ingiusta e di come tutti ce l’abbiano con te.

6. Saper dire di “no” fa tutta la differenza del mondo

Questo elenco non è in ordine di importanza, ma se lo fosse allora questo punto dovrebbe essere decisamente tra le prime tre posizioni, probabilmente alla prima.

Una delle domande che mi fanno più spesso negli ultimi mesi è “ma come fai a fare tutte quelle cose contemporaneamente?” nella speranza che io dia qualche tecnica di gestione del tempo o sveli qualche trucchetto segreto che uso nella mia quotidianità.

La verità è che non c’è nessun trucchetto.

Però c’è una parola magica che puoi usare. Questa parola è “No”!

Il 2017 è stato l’anno in cui sono passato dall’essere uno stakanovista che diceva di si a qualsiasi opportunità gli si parava davanti a uno che ha capito l’importanza (e la scarsità) del proprio tempo e ha deciso di usarlo meglio. Di usarlo bene.

Saper dire di “no” è una delle cose più semplici, ma allo stesso tempo complesse che ci sono nella vita. È anche una delle cose con l’impatto maggiore e che, di conseguenza, può fare parecchia differenza sul proprio lavoro.

E così ho capito che non aveva senso andare a tutte le conferenze ma bisognava accettare pochi inviti, ma buoni. Ho capito che non bisognava inviare preventivi a ogni potenziale cliente, ma solo a quelli che avevano progetti interessanti e stimolanti. Ho capito che non tutte le email dovevano essere risposte entro 10 minuti e che non tutte le chiacchierate in chat si dovevano trasformare in consulenze gratuite.

Occhio che non è facile! Questa capacità devi tenerla allenata. Basta distrarsi un attimo o rilassarsi troppo per far tornare quel diavoletto sulla spalla che dice “vabbè dai, ora digli di si, poi a Settembre si vede”.

7. “Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna” è una cazzata

Questo è un argomento che mi piace così tanto che ci ho scritto già un post e penso di scriverne un altro prossimamente.

Non so come e non so quando ma ad un certo punto per molte persone la teoria è diventata la “fuffa”. Vedo in molte discussioni (online e offline) persone utilizzare questi due termini come se fossero sinonimi.

“Mi questo corso è tutta pratica, o c’è anche fuffa?”, “Mi consigli un libro che sia pratico e senza fuffa” sono diventate frasi all’ordine del giorno per chi lavora nel digitale.

Viviamo in un’epoca che premia lo strumento e sottovaluta la strategia. Che esalta lo smanettone e addita il formatore. Che vuole l’uovo oggi ignorando la gallina domani.

Il digitale ci ha dato l’illusione che tutti possono avere successo e che si possa ottenere in poco tempo e bruciando le tappe, ma la verità è un’altra. Si tratta di un percorso sul lungo periodo dove solo chi ha pazienza e costanza ne esce vincitore.

Nel 2017 ho realizzato due cose sulla teoria, vivendola da tutti e due i lati della barricata:

  • Dal lato “consumatore” ho realizzato sempre di più che la teoria ti salva le chiappe. In un mondo dove chiunque può guardarsi un tutorial su come ottimizzare le Facebook Ads, ma in pochi hanno preso in mano un libro di Al Ries, Seth Godin o Philip Kotler, solo chi ha solide basi teoriche riesce a fare il salto di qualità. Per raggiungere un certo livello (o semplicemente lavorare a un certo livello) devi studiare. C’è poco da girarci intorno. Studiare sempre e tutto!
  • Dal lato “formatore” ho capito che la famosa frase “chi sa fare fa, chi non sa fare insegna” è una grossa cazzata. Anzi, la verità è che non c’è modo migliore di imparare che insegnando! Puoi dirti in grado di padroneggiare un argomento solo quando sei in grado di semplificare, riassumere e organizzare tante informazioni perché devi trasmetterle a un pubblico.

Quante volte ti è capitato di sentire dal vivo una persona brava tecnicamente ma incapace di parlare a un pubblico in maniera semplice ed efficace? A me molto spesso!

Negli ultimi mesi mi sono reso conto come ogni volta che scrivo un post imparo qualcosa di nuovo, ogni volta che giro un video imparo qualcosa di nuovo, ogni volta che faccio una docenza imparo qualcosa di nuovo, ogni volta che preparo delle slide imparo qualcosa di nuovo.

Per non parlare del libro!

Scrivere un libro è forse la massima espressione di questo concetto, ma di questo parlerò prossimamente in un altro post!

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