5 cose che ho imparato dal Growth Hacking

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Introduzione

Da quando ho iniziato il mio lavoro di imprenditore digitale a oggi ho sempre cercato di fare tesoro delle esperienze fatte sul campo e di trarre un valore dalla loro condivisione.

In questi anni ho avuto modo di seguire moltissimi progetti, conoscere aziende e startup diverse tra loro e di diverse dimensioni, scrivere un libro e fare formazione e informazione sui temi del digitale; ognuna di queste esperienze mi ha permesso di crescere moltissimo e mi ha insegnato una lezione.

Di queste lezioni ne ho selezionato cinque che, a mio avviso, sono le più importanti.

1. Marketing e Prodotto viaggiano di pari passo

La prima lezione deriva da un errore comune a moltissime aziende e business: anteporre il prodotto al marketing.

Cosa succede quando si commette questo errore?

Si lavora per moltissimo tempo su un prodotto e solo alla fine ci si pone il problema: “ora come lo vendo?!?

Questo accade perché si tende a pensare al prodotto e al marketing come due fasi diverse, separate e consecutive di un processo. Il marketing è invece un pezzo del prodotto!

A dirlo è Ryan Holiday, primo autore di un libro best seller sul Growth Hacking, per il quale la distinzione tra marketing e prodotto è superata nel nell’approccio del Growth Hacking:

Il Growth Hacker non vede il marketing come qualcosa da fare a un certo punto, ma come qualcosa da costruire direttamente nel prodotto

Marketing e prodotto infatti si influenzano a vicenda e hanno l’uno sull’altro un impatto enorme.

Takeaway: se stai pensando a un nuovo business o stai realizzando un prodotto, pensa al marketing sin dalle prime fasi di sviluppo e non aspettare che sia troppo tardi!

2. Prendere le decisioni fidandosi solo dei dati

La seconda lezione deriva da uno dei pilastri del Growth Hacking: i dati, che insieme a marketing e prodotto rappresentano le tre grandi aree dalla cui intersezione deriva l’approccio che deve avere un Growth Hacker.

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Più volte ho sottolineato come il Growth Hacking sia al 100% data driven.

Ma, cosa significa data driven?

Questo tipo di terminologia, pur essendo ormai pienamente acquisita, è spesso abusata e svuotata del suo significato essenziale. Un approccio data driven, infatti, per essere tale deve soddisfare queste tre capacità:

  1. Sapere quali dati leggere;
  2. Sapere in che modo interpretare questi dati;
  3. Sapere quali decisioni prendere alla luce della comprensione e interpretazioni di questi dati.

Ecco perché un Growth Hacker procede basandosi solo su ciò che è misurabile, lasciando da parte opinioni, impulsività e decisioni di pancia; e se proprio dovesse trovarsi nella situazione di non poter non seguire il suo istinto, anteporrebbe senza dubbio una validazione delle ipotesi a ogni tipo di investimento!

Quando si parla di dati, si parla sempre di dati quantitativi e dati qualitativi, che si differenziano tra loro perché il primo risponde alla domanda “Cosa sta succedendo?”, il secondo alla domanda “Perché sta succedendo?”.

Grazie ai dati quantitativi si è in grado di capire cosa sta succedendo (una crescita o un crollo nelle vendite, un abbandono del carello, ecc.), ma solo attraverso l’interpretazione dei dati qualitativi è possibile capire perché quella cosa si sta verificando.

Sono quindi entrambi indispensabili per monitorare l’andamento di un’attività e programmare i passi successive di un business.

Takeaway: per dire di avere un approccio data driven devi non solo utilizzare i dati nelle tue decisioni, ma anche non fermarti ai soli dati quantitativi!

3. Nel business ogni aspetto va testato

La terza lezione riguarda la capacità di mettere in discussione sempre quello che si sta facendo.

I test infatti interessano sia il prodotto che le azioni di marketing, ma hanno a che fare anche e soprattutto con la propria capacità di ammettere di aver sbagliato qualcosa.

Fare test non significa sempre, o solo, validare quello che si è fatto. Un test è, invece, molto più utile quando evidenzia un errore o un fallimento.

L’approccio migliore è quello di chi, prendendo in prestito il noto aforisma Socratico, sa di non sapere; l’unico che consente di fare un passo indietro rispetto alle proprie convinzioni, per ottenere, uno step alla volta il risultato più soddisfacente per il cliente e per il mercato non per se stessi.

Un approccio basato sulla sperimentazione si confronta molto spesso con il fallimento, un concetto tutt’altro che negativo per chi fa Growth Hacking.

Fallimento, infatti, liberato dalla sua accezione negativa, significa sempre imparare qualcosa che prima non si conosceva e quindi fare un passo in avanti nel “processo” o in quello che definisco un vero e proprio “percorso”.

In quest’ottica ogni errore è una nuova informazione, un nuovo dettaglio su quello a cui state lavorando, una nuova conoscenza, che arricchisce di valore il vostro bagaglio personale e contribuisce a migliorarne il risultato.

Takeaway: cerca meno le risposte pronte e fatti più domande! Abbraccia il fallimento e liberati dalla paura di sbagliare.

4. Essere multidisciplinari è un valore

La quarta lezione è un mio cavallo di battaglia e anche un’assoluzione a chi come me si sente un multipotenziale.

La versatilità di una figura multidisciplinare, capace di intersecare più aree di competenza, si contrappone all’idea che nel lavoro è indispensabile specializzarsi per essere qualcuno.

L’idea della multidisciplinarità come valore è ancora di più valida in un contesto e in un mercato come quello digitale, in cui la velocità del cambiamento impone un approccio dinamico e versatile.

Spesso nelle realtà lavorative, soprattutto quelle multinazionali di grandissime dimensioni, gli specialisti si chiudono in compartimenti stagni, in nessun modo connessi tra loro.

Il rischio maggiore di un team di soli specialisti, sempre e comunque necessari, è quello di non riuscire a comunicare al proprio interno.

Una delle prerogative dell’approccio multidisciplinare, invece, è proprio quella di creare delle connessioni e dei ponti che mettano in comunicazione, attraverso un linguaggio condiviso, aree di lavoro e figure diverse.

Takeaway: specializzarsi non è l’unica strada! Coltivare e migliorare competenze diverse ti rende una figura indispensabile alla crescita e alla coesione in un Growth Team.

5. Parlare con i clienti è vitale

Quest’ultima lezione è tra tutte la più importante, perché il Growth Hacking è un approccio “cliente-centrico”, che mette al centro del suo processo il cliente.

Ogni decisione sui dati, sul marketing o sul prodotto ha, infatti, un solo punto di partenza e un solo punto di arrivo: il cliente.
Ecco perché parlare con i clienti non solo è importante, ma è vitale!

Ma, che significa parlare con i clienti?

Per mettere al centro il cliente è necessario ricordarsi ancora una volta che è importante fare un passo indietro rispetto alle proprie supposizioni, per lasciare spazio alla raccolta dei dati e alle informazioni che sono in grado di dire chi è il cliente e che cosa vuole.

Interviste, raccolte dati, indagini sull’utilizzo dei prodotti, analisi del sentiment sono quegli elementi indispensabili che ti permetteranno di parlare la stessa lingua dei tuoi clienti e quindi sapere come comunicare il prodotto, e che ti aiuteranno a capire le loro problematiche e frustrazioni e quindi migliorare un prodotto o a prevenire un errore.

Quando farlo?

Avere un quadro reale ed esaustivo di chi sono i clienti prima di entrare sul mercato è fondamentale. I dati raccolti possono avere un impatto davvero significativo nello sviluppo di marketing e prodotto e nel processo complessivo di un business.

Takeaway: inizia subito a parlare con i tuoi clienti, è un’attività economica e dalle enormi potenzialità.

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