Questo post è estratto dal mio intervento nel libro “Growth Hacking – Fai crescere la tua impresa online” di Luca Barboni e Federico Simonetti
È ormai abbastanza assodato che il Growth Hacking sia l’intersezione di una serie di discipline e ambiti a volte molto diversi tra di loro. Aspetti di marketing che si fondono a una profonda conoscenza del prodotto, che si poggiano su una dimestichezza con i numeri che, a loro volta, fanno leva su delle buone basi di programmazione.
Tutto ciò può essere descritto in una sola parola? Secondo me si, e questa parola è “multidisciplinarietà”.
Ecco, se oggi qualcuno mi dovesse chiedere “qual è la caratteristica principale di un Growth Hacker?” risponderei senza dubbio “deve avere una formazione multidisciplinare”.
In fin dei conti, a pensarci bene, è qualcosa che viene descritto di continuo nella letteratura che riguarda questo mondo. Dal primissimo post di “papà” Sean Ellis che ha dato via a tutto fino alla “guida definitiva” di Neil Patel, l’aspetto della multidisciplinarietà viene messo in risalto un po’ ovunque.
Se mi leggi da tempo sai che questo è un tema a me molto caro e di cui parlo in diverse occasioni, sia dal vivo che qui sul blog come, ad esempio, in occasione del famoso post sui multipotenziali.
Questa caratteristica è, a mio avviso, una delle più importanti nel profilo di un Growth Hacker degno di questo nome. In letteratura questo concetto è noto da tempo anche come la cosiddetta “formazione a T”, ossia la caratteristica di padroneggiare molto bene un paio di argomenti core, ma avere, allo stesso tempo, competenze in tutta una serie di argomenti “di contorno” di fondamentale importanza.
Un esempio concreto?
Il Growth Hacker che viene dal mondo del marketing avrà, probabilmente, ottime conoscenze di Advertising, di SEM, di Funnel e potrà (anzi, dovrà) rafforzare le sue competenze di programmazione, di analytics, di copywriting, di AB testing, e così via.
Allo stesso modo un Growth Hacker che viene da un background tecnico sarà probabilmente ferratissimo sulla programmazione, sul querying di un database e sui tool, ma dovrà completare la sua formazione acquisendo delle skill in storytelling, in design, in UX, e tanto altro.
E quindi, come si ottiene un “profilo a T”?
La risposta è semplice: è fondamentale un giusto mix di formazione continua e di sana curiosità. Il Growth Hacker non smette mai di studiare: se ha del tempo libero lo usa per leggere un libro o fare un corso online. Il Growth Hacker sperimenta di continuo: nuovi tool, nuovi strumenti, nuovi approcci, nuovi case study. Il Growth Hacker si chiede perché: perché è stata fatta quella scelta, perché è stato utilizzato quell’approccio, perché è successa quella cosa.
Dobbiamo ritenerci fortunati perché viviamo in un’epoca meravigliosa. Abbiamo accesso a qualsiasi informazione praticamente in tempo zero e a costo zero o quasi. Chi non ne sta approfittando per ottenere nuove competenze e nuove conoscenze sta perdendo la più grande occasione della nostra epoca.
Sia chiaro, quello che ho appena descritto è un processo lungo e, la maggior parte delle volte, estremamente lento, ma nessuno ha mai detto che fare Growth Hacking fosse facile 😉
Questo post è estratto dal mio intervento nel libro “Growth Hacking – Fai crescere la tua impresa online” di Luca Barboni e Federico Simonetti