Guest Post di Emanuela Zaccone, co-founder e Marketing Manager di TOK.tv. Questo post è un estratto dal suo libro Digital Entrepreneur.
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Quello del Digital Entrepreneur, più e prima di essere un mestiere, è un percorso di apprendimento.
Esistono esempi virtuosi, esistono buone pratiche ma non esistono esiti certi, vista l’alta varietà di fattori che potrebbero influenzare il corso di una attività imprenditoriale.
Imparare è inevitabile per sopravvivere: si impara velocemente, sbagliando, osservando, ricominciando. Si impara cosa significa creare una startup da zero, gestirla nel quotidiano, lavorare con altri membri del team spesso sotto pressione, pivotare, fare i conti con il fundraising, comunicare azienda e prodotto, avere anche il coraggio di capire quando lasciare.
Soprattutto ci sono diverse lezioni personali apprese sia facendo impresa sia stando a contatto e facendo da mentor ad altre startup. Ecco le sette che non dimentico mai:
1. Una startup non è un hobby
È altamente probabile che quando si inizi a lavorare sul proprio progetto si sia anche impegnati in altre attività, ma la dedizione è fondamentale per l’avanzamento del progetto. Bisogna dunque mettersi in condizione di poter lasciare gradualmente la precedente attività per dedicarsi completamente alla propria startup.
D’altra parte se il Digital Entrepreneur non ci crede abbastanza da abbandonare tutto per dedicarsi unicamente a quello, come potrà convincere i futuri membri del team a fare lo stesso e risultare affidabile agli occhi di un investitore?
2. Remoto è bello, ma richiede un alto grado di maturità da parte di chi collabora al progetto
Lavorare separatamente dal proprio team rimanendo comunque in contatto e organizzando le proprie attività implica una ferrea organizzazione dei propri ritmi lavorativi. Ed è un’abilità che si apprende nel tempo.
D’altra parte non va dimenticato che i talenti sono ovunque: rinunciarvi in nome della pretesa di essere sempre seduti gomito a gomito potrebbe significare rinunciare ad essere i migliori e i più competitivi.
3. Essere a tutti gli eventi non è necessariamente garanzia di visibilità o di networking positivo
Il tempo che si ha a disposizione è limitato e la partecipazione agli eventi implica sempre dei costi: bisogna dunque valutare opportunamente su cosa investire e tenere in conto eventuali opportunità (concrete) di networking.
Oltre a valutare prestigio e livello dell’evento in sé si dovrebbe, quando possibile, informarsi sui partecipanti: ci sono delle opportunità di rilievo? Il presenzialismo fine a se stesso non serve a nulla.
4. I social media sono un ottimo veicolo di networking e costruzione della reputazione
Le relazioni hanno un peso specifico alto quando si parla di startup, e creare un buon network può avere effetti positivi. Bisogna dunque imparare ad usare questi canali per ciò che sanno fare meglio: creare rete. Perché potrebbero rivelarsi utili per stabilire contatti con investitori, potenziali nuovi membri del team ed eventuali partner.
Inoltre sono un ottimo veicolo per costruire una reputazione intorno al proprio business e creare un personal branding del Digital Entrepreneur, il primo prodotto dell’azienda.
5. Le startup sono luoghi di apprendimento
Si muovono celeri, crescono velocemente, mutano anche rapidamente. Bisogna imparare a cambiare strategie, soluzioni e perfino modelli di business se necessario. Non c’è una formula data per sempre, tutto si apprende strada facendo. Anche ad avere coraggio.
La quantità di conoscenza che è possibile acquisire è il premio per l’impegno del Digital Entrepreneur.
6. Bisogna imparare l’umiltà
Vale per gli eventuali errori in cui si potrebbe incorrere, vale per i rifiuti che si ricevono dagli investitori e vale anche e soprattutto in termini personali.
Sono troppi gli startupper che si risentono appena si prova a muovere un appunto alla loro “creatura”: i feedback invece sono preziosi, anzi, andrebbero ricercati costantemente. Aiutano infatti a rimettere in prospettiva quanto realizzato, a visualizzare scenari non valutati, a reagire ad un ‘no’ trasformandolo in spinta ad andare avanti. Se ben strutturate le critiche sono un dono, frutto di un tempo che altri dedicano al nostro lavoro.
Soprattutto i feedback degli utenti sono particolarmente pregiati, perché rappresentano la bussola di quando si sta realizzando. Bisogna infatti sempre tenere a mentre che si sta costruendo un prodotto o offrendo un servizio ad altri, non (solo) a se stessi.
7. Bisogna imparare a orientarsi e ad ascoltare
Spesso ci si sente smarriti davanti alla lista di incubatori, VC, norme burocratiche e legali, testi e fonti web su “come si fanno le startup” e “tutto ciò che bisogna fare per diventare startupper di successo”.
Sono elementi di un ecosistema che va conosciuto, perché è quello il panorama in cui ci si muove. Soprattutto bisogna imparare ad ascoltare: non solo i feedback ma proprio i racconti, di chi ce l’ha fatta, di chi ha fallito, di chi ha riprovato. Ogni startup è una storia a sé, ma quell’istinto ad andare avanti è comune a tutti i Digital Entrepreneur.
“Startup” è sinonimo di dedizione, fatica, a volte frustrazione, reiterazione, resistenza.
Quando il Digital Entrepreneur fonda la sua startup si imbarca in una doppia missione: quella di fare approdare il suo prodotto e quella di prendere il largo ed esplorare come imprenditore.
Dopo quel primo attracco, non a caso, la navigazione diventa dipendenza. Buon viaggio.
Guest Post di Emanuela Zaccone, co-founder e Marketing Manager di TOK.tv. Questo post è un estratto dal suo libro Digital Entrepreneur.