Ecco perché ho spostato la mia Startup, Geolumen, dall’Italia ad Amsterdam

geolumen intervista amsterdam

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Nei mesi precedenti, ad Amsterdam, ho avuto la fortuna e il piacere di incontrare diversi Italiani che stanno facendo impresa da quelle parti.

Il massiccio supporto da parte dello stato, una lunga serie di agevolazioni, la presenza di grandi aziende e la grossa disponibilità di capitali da parte dei VC hanno fatto diventare Amsterdam uno degli hub principali in Europa per startup e innovazione.

Tra le tante realtà fondate da Italiani, che ho conosciuto durante la mia permanenza, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente e che ho deciso di intervistare. Oggi parleremo con Domenico Ialeggio, CEO di Geolumen, una startup del settore IoT che sviluppa smart lamp dal potenziale incredibile!

Raffaele Gaito: Ciao Domenico. Prima di iniziare ci fai una tua brevissima presentazione? Di cosa ti occupi e che background hai?

Domenico Ialeggio: Giurista di formazione, imprenditore per passione. Dopo gli studi in Italia, ho trascorso 2 anni a Boston approcciando il tema startup nel panorama americano, come analista e consulente. Rientrato in Italia per motivi familiari, mi sono occupato di sviluppo business per un centro di ricerca ministeriale. Dovevo, insieme al mio attuale socio Corrado Vittorio Ferrara, trovare sbocchi commerciali per nuove tecnologie di derivazione aerospaziale.

Così ho ampliato il mio bagaglio culturale da giurista ed economista con know-how tecnico, lavorando a stretto contatto con eccellenti (e pazienti) ingegneri. Ancora mi sorprendo quando, chi non mi conosce, mi chiama “ingegnere”.

RG: E ora invece raccontaci qualcosa su Geolumen. Di cosa si occupa la tua startup?

DI: Geolumen produce e commercializza lampade intelligenti, capaci di ottimizzare i risparmi energetici e gestionali e, allo stesso tempo, creare una piattaforma di comunicazione wireless che usa le lampade come access point.

Usare un asset presente ovunque, sempre alimentato e facilmente geo-localizzabile, garantisce ai nostri clienti riduzione dei costi (energetici, di installazione e di manutenzione) e un’offerta di servizi ad altissimo valore aggiunto che possiamo fornire attraverso le lampade (sicurezza in ambiente di lavoro, monitoraggio, gestione parcheggi, pubblicità, ecc.).

RG: Il settore IoT sembra dominato dalle grosse aziende. C’è spazio per le startup come Geolumen? Se si, in che modo vi procurate questo spazio sul mercato?

DI: C’è un crescente bisogno non solo ambientale e sociale, ma anche economico di soluzioni tecnologiche che permettano di aumentare in modo considerevole l’efficienza energetica dell’illuminazione, senza compromettere gli standard promessi ed attesi dagli utenti.
C’è altresì la necessità, per i gestori dei servizi, di aumentare i ricavi attraverso un ampliamento dei servizi offerti, possibilmente a parità di infrastrutture.

L’assenza di standard ha generato una serie di soluzioni concorrenti che si stanno comunque riducendo a 2-3 tipologie tecnologiche.

La soluzione Geolumen nasce come un transfer di tecnologie proprietarie dall’aerospazio e si presenta come una delle migliori in termini di risultati e delle più “leggere” in termini di implementazione, sia per i costi che di rispetto delle infrastrutture esistenti.

Il nostro vantaggio competitivo è la combinazione di queste tecnologie con la capacità progettuale e con quella di integrazione delle soluzioni di illuminazione esistenti, tanto vecchie quanto avanzate, come appunto i LED, in un mercato frammentato tra produttori ed installatori, sostanzialmente incapaci di proporre soluzioni competitive integrate ed “aperte”.

RG: Il vostro percorso è iniziato in Italia e poi vi ha portato in Olanda. Come siete arrivati ad Amsterdam?

DI: Il nostro progetto sta crescendo e, sebbene il mercato Italiano risulta essere il più interessante a causa dell’elevata inefficienza degli impianti e dei costi di energia e manutenzione, abbiamo iniziato a guardare con interesse altri mercati europei, molto più sensibili al tema dell’efficienza energetica e più disposti ad investire.

La scelta dell’Olanda è stata “favorita” rispetto ad altre (Spagna e Inghilterra erano in cima alla nostra wishlist) dall’opportunità Rockstart (il più grosso acceleratore di startup di Amsterdam, ndr). Abbiamo ricevuto un invito per partecipare alla selezione del programma di accelerazione Smart Energy e siamo stati selezionati, insieme ad altre 9 startup, tra oltre 150 progetti di impresa.

Amsterdam è la capitale europea dell’innovazione, e devo dire che vivendo e lavorando li, capisci immediatamente il perché.

RG: Quanto vi ha aiutato il percorso di accelerazione in Rockstart? Su quali aspetti è stato utile e ha dato una marcia in più a Geolumen?

DI: Anche se il programma è finalizzato al supporto di startup early stage, mentre noi siamo già un po’ avanti, l’esperienza Rockstart è stata (ed è ancora) fondamentale.

Ci ha permesso di analizzare il nostro progetto da un altro punto di vista, grazie al supporto e al confronto con persone molto competenti e che occupano un ruolo chiave nel nostro mercato di riferimento (i nostri “mentor”). È così che siamo riusciti a chiudere in meno di 3 mesi il primo contratto con la città di Amsterdam e abbiamo redatto un piano di investimenti che ci permetterà di crescere con i giusti passi.

RG: Tu conosci molto bene anche l’ecosistema startup Italiano. Quali sono le differenze principali che hai notato tra i due ecosistemi?

DI: Purtroppo l’ecosistema Italiano non è ancora pronto per accogliere determinate sfide: scommettere e quindi rischiare sull’innovazione, soprattutto se promossa da una giovane startup, non è esattamente la base dell’economia del nostro paese.

Evito di ripetere quello che tutti sanno sui VC italiani, sulle banche, sulla burocrazia, ecc. Come esperienza personale posso solo dire che abbiamo aperto una società in 48 ore senza mai uscire dal nostro ufficio, abbiamo aperto un conto corrente con carta di credito senza fideiussioni e, ogni volta che abbiamo approcciato un investitore, abbiamo sempre avuto una risposta propositiva, e mai un “NO” ingiustificato.

Ma forse siamo solo fortunati noi…

RG: Secondo te c’è qualcosa che potremmo imparare dall’ecosistema Amsterdam, per provare a riprodurlo anche in Italia?

DI: Certo! In Italia siamo ancora un po’ ingessati dai formalismi, con un sistema che difficilmente si apre a nuove idee e proposte, soprattutto se avanzate da perfetti sconosciuti.

Amsterdam ha fatto una scelta, diventare capitale europea delle startup, ma soprattutto ha deciso di sponsorizzare e investire per far si che questa scelta porti i suoi frutti. Basti pensare che poche settimane fa Amsterdam ha ospitato la Capital Week, con più di 500 investitori provenienti da tutto il mondo e una settimana di eventi, per permettere l’incontro tra domanda ed offerta.

Altro segnale importante è l’investimento sull’Open Innovation da parte dei grandi gruppi olandesi, sia costituendo fondi di Venture Capital interni sia approcciando direttamente le startup, apportando know-how tecnologico e aprendo nuovi canali commerciali.

RG: Per concludere, se dovessi dare un unico consiglio ad aspiranti startupper che ti stanno leggendo, cosa gli diresti?

DI: Fare impresa non è facile. Concentratevi sull’obiettivo finale e non distraetevi, ma soprattutto abbiate il coraggio di cambiare, anche l’idea, se necessario!

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