Finanziamenti startup, tutto quello che devi sapere

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Qualche sera fa mi son ritrovato a chiacchierare con il mio amico Niccolò Sanarico, una delle persone più in gamba e preparate del panorama startup italiano.

Tra una birra rossa e un’altra iniziamo a confrontarci su metriche, blog da seguire, libri da leggere fino a che a un certo punto ho esclamato “tutta la roba che mi stai citando non può andare persa”!

Gli ho così proposto una breve intervista per confrontarci su un po’ di questi temi e, soprattutto, per mettere nero su bianco alcune dritte (per nulla banali) che sono emerse durante la nostra chiacchierata.

Se sei in cerca di investimenti o finanziamenti per la tua startup leggi con attenzione le prossime righe, raramente si trova così tanta ciccia in un solo post!

Raffaele Gaito: Ciao Niccolò! Come prima cosa, presentati ai miei lettori e a chi non ti conosce. Chi sei, cosa fai e che background hai?

Niccolò SanaricoVersione breve: sono un ingegnere del software che un giorno, dopo aver incontrato Reid Hoffman (quasi) per caso, ha deciso di entrare nel mondo del venture capital.

Versione lunga: sono il responsabile del dealflow e dei processi di scouting/investimento in dpixel e faccio parte del team di investimento di Barcamper Ventures, il fondo gestito da Primomiglio SGR. Negli anni mi sono specializzato nelle operazioni di investimento in fase di accelerazione e seed capital.

Oggi con dpixel lavoriamo nel mondo dell’innovazione (abbiamo un progetto attivo con ERG per cui stiamo ricercando startup in vari ambiti attigui al cleantech). Il fondo Barcamper Ventures, invece, ha iniziato ad investire a fine 2016 ed è oggi in piena attività. In passato ho lavorato in consulenza e ho avuto la fortuna di studiare e lavorare in Italia ed all’estero (USA e UK), opportunità che mi hanno permesso di vivere numerose esperienze molto diverse tra loro.

RG: Visto che sei in questo mondo da parecchi tempo, come è ad oggi lo scenario del venture capital in Italia? E cosa succederà secondo te nei prossimi 3 anni?

NS: L’Italia è storicamente un paese “cenerentola” per il VC, inteso come asset class, tutti gli operatori che oggi sono sul mercato hanno sudato parecchio per raccogliere i loro primi fondi: per intenderci, quelli che sono stati attivi negli ultimi 4/5 anni.

Oggi osservo con cauto ottimismo un momento di crescita per i VC esistenti e di ingresso di nuovi attori dedicati alle fasi growth, oltre che l’avvio di iniziative dedicate all’investimento in ambito trasferimento tecnologico (vedi il programma ItaTech), per valorizzare la nostra ricerca universitaria.

Inoltre, il panorama dei business angel è davvero molto molto vivo. Sul futuro sono (devo essere) ottimista: i risultati del primo semestre 2018 mostrano che si può far partire un’azienda in Italia, farla crescere e raccogliere capitali importanti all’estero.

D’altra parte, è anche un segnale chiaro che abbiamo tanta strada da fare per far crescere gestori di VC nazionali che possano competere e co-investire sui round B e C internazionali, e che se sei un’azienda e vuoi crescere velocemente, oggi, potresti dover uscire dai confini nazionali per raccogliere i capitali necessari ad accedere ai mercati più maturi, abbandonando parte della tua italianità.

L’ultima grande incognita, ed un nodo che potrebbe venire al pettine nei prossimi 3/4 anni, è la fase di exit dei fondi partiti nel 2013/2014, da questi dipenderà infatti parecchio di quello che verrà nei prossimi anni.

RG: Ti faccio la domanda che immagino vogliano farti tutti gli startupper alla prima esperienza: cosa passa nella mente di un investitore quando deve dare una risposta a una startup? Quali sono gli aspetti più importanti che vengono tenuti in considerazione?

NSOccorre comprendere che un venture capitalist decide di investire in quei progetti che ritiene gli permetteranno di restituire ai suoi sottoscrittori i capitali che gli hanno affidato in gestione, possibilmente con un ritorno positivo e possibilmente entro pochi anni, idealmente meno di 10.

Un imprenditore che ignori questo fatto sta deludendo se stesso!

Fatta questa premessa, credo che un investitore cerchi innanzitutto due cose:

  • Un team imprenditoriale forte con cui si sente di poter lavorare fianco a fianco per gli anni a venire (NB: il feeling è bene che sia reciproco!).
  • Che operi in un mercato grande a sufficienza e soprattutto aggredibile da parte di una startup, in modo da offrire un’opportunità di ROI positivo per il suo fondo se la startup funziona e cresce.

Il resto (prodotto, traction, business model convincente) sono spesso funzione (e principale segnale) della qualità del team imprenditoriale.

La parte difficile, per l’imprenditore, soprattutto se “alle prime armi”, è trovare il modo giusto di raccontare il proprio progetto in un arco di tempo limitato e competendo con tanti suoi colleghi per una quantità limitata di capitali.

Negli anni tantissimi VC ed angel hanno scritto e spiegato come creare un pitch e come presentarlo ad un investitore e capisco il motivo: ogni parola conta, ogni gesto conta, e basta molto poco per perdere l’attenzione e l’interesse di chi hai davanti.

RG: Parliamo un po’ di un tema a me caro: i dati! Quali sono le metriche principali su cui una startup si deve concentrare? Esistono metriche “meno famose” ma fondamentali!?

NS: Innanzitutto c’è da dire che dipende molto dal modello di business!

Un bel post di A16Z (uno dei più importanti investitori al mondo) elenca 16 metriche importanti che valgono per quasi tutti.

Trovo che le unit economics, ossia i valori unitari rispetto al cliente medio (ARPU, LTV, CAC, per citarne tre), siano troppo spesso tralasciate in favore di metriche importanti ma meno esplicative (fatturato, MRR, EBITDA).

Inoltre, c’è una metrica fondamentale che credo un imprenditore responsabile debba tracciare: quanto tempo resta prima che nel conto in banca rimanga solo la cassa rimanente per una liquidazione “in bonis”, cioè rimanga abbastanza cassa per chiudere un business che non funziona saldando i principali debiti e non lasciando strascichi.

Mi spiego: spesso in una startup si pianifica il futuro tenendo d’occhio il momento in cui la cassa finisce. Tuttavia, questo momento rischia di portare ad una situazione critica in cui rimangono debiti (e.g. contributi o stipendi dei dipendenti, fatture dei fornitori, debiti verso l’erario), che porta a delusione e problemi per i dipendenti, stress per i soci (zero cassa + debiti = procedura fallimentare), ingolfamento dentro la burocrazia, e così via.

Per questo suggerisco di pianificare tenendo d’occhio la soglia di “liquidazione sana” rispetto alla soglia di “cassa zero”. Capisco che non sia una metrica entusiasmante da tracciare, ma è una metrica che in questo mestiere si impara presto a guardare con attenzione.

RG: E ora veniamo ai link utili! Quali sono le risorse (siti, blog, newsletter, libri, ecc.) che uno startupper deve assolutamente tenere sotto controllo?

NS: Secondo me, alcuni autori sono immancabili: io seguo costantemente Mark Suster, Fred Wilson, A16Z, Tom Tunguz, il team di PointNine Capital.

Ci sono certi argomenti che semplicemente non si possono ignorare (il famoso tovagliolo di PointNine non può essere ignorato dagli imprenditori che stanno sviluppando startup SaaS, perché è un punto di riferimento per l’intero mercato).

Ultimamente sto seguendo da vicino il mondo crypto e credo che l’italianissima mailing list TokenEconomy sia imprescindibile per gli interessati.

Riguardo ai libri, ne ho semplicemente troppi. Consiglio sempre “Crossing the Chasm”, che ritengo un ottimo manuale di go-to-market, in particolare per prodotti e servizi B2B, e “Zero to One” di Peter Thiel per una lettura un po’ contraria rispetto alla classica filosofia della Lean Startup. Parlando della quale, sto leggendo “Disciplined Entrepreneurship”, di Bill Aulet, che è decisamente un approccio rigoroso all’avvio di una startup – mi piace molto come tratta l’analisi del mercato ed il processo di segmentazione.

Il tuo libro l’ho letto d’un fiato e sta nella pila dei miei libri “quick reference” sempre a portata di mano, con “Traction” e pochi altri.

Uscendo un poco dal mondo startup, consiglio “Principles” di Ray Dalio e “Antifragile” di Nassim N. Taleb, che danno parecchi spunti di pensiero a volte un po’ controversi, ma non è noioso rimanere sempre nella propria comfort zone?.

Ne approfitto per segnalare la mia collezione di link dal web, che negli anni ho raccolto, e che continuo ancora oggi ad estendere, su tutto quello che mi interessa relativamente ad innovazione e startup.

È un po’ la mia barra dei preferiti condivisa con il mondo!

RG: Nei tuoi anni di esperienza quali sono gli errori più comuni che hai visto fare alle startup quando vi presentano un progetto?

NS: Dato quello che dicevo prima, è un errore importante tralasciare un ragionamento sulla grandezza del mercato e opportunità di mercato, perché non è detto che il VC di turno sia informato del tuo mercato.

E non parlo di cercare su google “quanto vale il mercato di X”! Qualificare un mercato è un processo difficile e da non improvvisare, soprattutto se il mercato è ancora poco definito (prova a essere nel 2016 e a dimensionare il mercato dei monopattini elettrici condivisi).

Altro errore è prendere troppo alla leggera o tralasciare questioni importanti come il go-to-market ed il piano di investimento.

Quest’ultimo tema merita un discorso particolare: trovo importante ragionare non solo a breve termine (“quanto mi serve per portare avanti la startup per i prossimi 18 mesi”), ma anche e soprattutto ragionare in merito a che aspetto avrà la startup quando dovrà raccogliere il prossimo round (“se le mie ipotesi sono corrette e si trasformano in realtà, con questo investimento arriveremo ad un MRR di 100K, che ci permetterà di raccogliere un series A, in linea con quello che sta succedendo oggi sul mercato”).

Limitarsi a ragionare il piano in meri termini temporali (il classico ci servono “200K per i primi 12 mesi”) rischia di diventare un boomerang pericoloso. Mark Suster ha recentemente scritto un post toccando alcuni di questi temi.

RG: Come sempre, in chiusura chiedo di lasciare tre consigli a chi fa startup (o vuole iniziare) e sta pensando di andare a cercare un round di investimento. Quali sono i tuoi?

NS: Direi senza ombra di dubbio:

  1. L’esecuzione vince su tutto
  2. Fare le cose che non scalano. Quant’è vero.
  3. Leggere, parlare, condividere e soprattutto chiedere sempre rispettosamente feedback.

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