L’altra faccia del Growth Hacking, il caso studio di Filo

filo growth hacking

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Guest post di Andrea Gattini, CMO di Filo.

Fare di più, con meno risorse e in meno tempo

“How to Get 100.000 Emails in One Week – How We Went From 0 to 5000 Users in Just 2 Days – How to Get 2.3M App Downloads Without Spending Money.”

Sono solo alcuni tra gli articoli di blog che ho letto in passato, e titoli che mi vengono in mente quando penso al Growth Hacking.

Mentre pensavo a cosa scrivere in questo articolo ho riflettuto parecchio su quello che è il pensiero di moltissimi sul Growth Hacking: molti lo interpretano come una lista di trucchetti per hackerare la crescita del proprio business.

Questo è probabilmente il motivo per cui a tanti vengono in mente titoli come quelli elencati sopra quando si pensa a questa nuova frontiera del marketing.

Ovviamente se stai leggendo questo articolo o segui il blog di Raffaele, significa che tu sai perfettamente cosa sia il Growth Hacking e che non stia semplicemente cercando dei trucchetti per duplicare la tua revenue mensile.

Non ti attaccherò, quindi, l’ennesimo pippotto sul Growth Hacking come processo e mindset, ma ti parlerò specificamente di quella che io chiamo l’altra faccia del Growth Hacking: fare di più, con meno risorse e in meno tempo.

Prima però le buone maniere: lasciami presentare.

Chi sono

Mi chiamo Andrea Gattini e sono il CMO e co-fondatore di Filo.

Filo è una startup italiana nata a Settembre 2014 che realizza un piccolo dispositivo che aiuta le persone a ritrovare gli oggetti che utilizzano quotidianamente.

filo

Ho costruito il mio background da marketer completamente da autodidatta e mi vien da sorridere pensando che nella mia vita universitaria abbia dato un solo esame di marketing.

Ad oggi oltre ad essere full-time committed nella mia startup sono docente di Digital Marketing presso Luiss Enlabs, dove insegno alle startup in fase early-stage come acquisire i primi clienti e come generare i primi euro di fatturato.

Dulcis in fundo, pratico uno stile di Full Contact Karate – Shinseikai Karate che negli ultimi tempi mi ha permesso di aumentare enormemente la resilienza e diventare un imprenditore migliore.

“Ok tutto molto bello.. ma cosa mi racconterai oggi?”

Oggi ti spiegherò in che modo ho automatizzato un particolare processo aziendale che ci ha permesso di:

  • Inserire i leads più velocemente nel nostro CRM
  • Associare i dati delle campagne di advertising ai singoli leads per poi prendere decisioni migliori
  • Risparmiare il 30% del tempo, utilizzandolo per gestire e chiudere più deal

Pronto? Partiamo!

Il processo

Uno dei settori di business di Filo è quello B2B: vendiamo Filo come premium corporate gift ad aziende che lo personalizzano con il proprio logo e che successivamente lo regalano ai loro dipendenti, clienti ecc.

Per testare, prima, e sviluppare, poi, questa area di business avevamo deciso di partire in maniera molto snella da campagne di online acquisition. L’obiettivo era quello di generare/aumentare le richieste di preventivo di aziende interessate a regalare Filo come corporate gift.

Il processo (semplificato) è sintetizzato qui sotto:

filo processo

In sostanza:

  • Targettizavamo potenziali clienti con campagne Adwords Search che puntavano ad una landing page con Call To Action “richiedi un preventivo”
  • L’utente richiedeva un preventivo e diventava un lead
  • Il reparto Sales si attivava per presentare un’offerta e far procedere il lead lungo la pipeline sino a chiudere il deal correlato.

Questo processo aveva però due grandi criticità:

  1. L’inserimento del lead all’interno del CRM avveniva manualmente (non esisteva un’integrazione nativa tra il software di landing page e CRM)
  2. L’attribuzione della keyword al lead generato avveniva tramite un processo manuale (importante per capire quali keyword generavano le vendite)

Come puoi constatare entrambe le criticità sono caratterizzate dall’essere eseguite attraverso un intervento umano.

Per essere più preciso ecco cosa succedeva esattamente quando veniva generato un lead / richiesta di preventivo:

  • Non appena l’utente compilava la form di richiesta preventivo, ci arrivava una mail automatica con i dati da lui inseriti.
  • Successivamente inserivamo questi dati nel CRM ed andavamo ad arricchire il lead pervenuto inserendo ulteriori informazioni trovate sul web relative all’azienda e alla persona richiedente il preventivo.
  • Relativamente al lead, inserivamo nel CRM anche alcuni dati di marketing al fine di poter valutare al meglio l’efficacia dei canali e delle campagne.

Google Analytics – a meno di un’avanzata integrazione – non è in grado di registrare specificamente che l’azienda / persona XY ha richiesto un preventivo, ma semplicemente che si è generata una conversione (o meglio è stato raggiunto un GOAL)

Noi dovevamo, quindi, “ricostruire” quale azienda / contatto l’avesse generato.

Per raccogliere questi dati effettuavamo le seguenti operazioni:

  1. Tramite un rapporto personalizzato di Google Analytics tenevamo traccia di alcuni dati (sorgente da cui si era generato il lead, campagna, keyword ecc.)
  2. All’interno di questo rapporto, tenevamo traccia dell’orario in cui si era verificata la conversione
  3. Tornavamo su Gmail e confrontavamo l’orario della conversione indicata dal rapporto, con l’orario delle email di richiesta preventivo.
  4. Quando trovavamo un match tra orario conversione e orario email di richiesta preventivo, andavamo ad inserire nel CRM i relativi dati di marketing.

Il problema

L’intero processo richiedeva circa 5 minuti di tempo per ogni singolo lead / richiesta di preventivo.

E sai qual è il problema di far eseguire un processo così semplice ad un essere umano?

  1. La possibilità di errore nell’inserimento del dato è elevata
  2. Il tempo impiegato è sempre maggiore rispetto a quello necessario

Questo processo è stato sostenibile sino a quando le richieste di preventivo non sono cominciate ad aumentare in maniera esponenziale.

Ricordo molto bene quando un pomeriggio Rosario, uno dei commerciali di Filo, alla mia domanda “Rosà, quante richieste sono arrivate oggi?” mi rispose: “Andrè, non lo so! Non riesco più a starci dietro. Stanno arrivando troppi preventivi e non riesco più a gestirli tempestivamente”.

In poche parole stava succedendo qualcosa di tragico, da un punto di vista commerciale: Rosario non stava più avviando o gestendo le trattative che avrebbero potuto portare nuovo fatturato, perché impiegava gran parte del suo tempo facendo attività di data entry / lead enrichment per le nuove richieste di preventivo.

Se non riesci a capire la tragicità di questa situazione, lasciami scomodare una ricerca di LeadResponseManagement.org che cita testuali parole:

“…le probabilità di contattare un lead entro 5 minuti dalla sua generazione sono 100x più elevate rispetto a quelle di chiamarlo entro 30 minuti”

Bene! Ti dico solo che ci sono stati dei momenti in cui, a causa di un’elevata richiesta di preventivi e per via dell’inserimento manuale di questi nel nostro CRM, contattavamo il lead dopo 48 ore.

Perché invece era così importante contattare il lead il più velocemente possibile? Semplice: il mio potenziale cliente era davanti al computer e stava pensando esattamente al mio prodotto.

Contattarlo dopo 2 giorni significava:

  • Dover ricordare al potenziale cliente cosa fosse Filo
  • Aver lasciato più tempo al potenziale cliente per cercare alternative (magari proprio i competitor)
  • Perdere una potenziale commessa perché il cliente aveva l’esigenza di avere il prodotto entro una deadline molto vicina (e non si sarebbe potuto perdere neanche 1 giorno di tempo)

La soluzione

Tutto quello impiegato a fare attività di data entry / lead enrichment era tempo sottratto alla fase negoziale, ovvero quella fase che avrebbe permesso di monetizzare i lead generati e produrre fatturato.

In poche parole ci eravamo accorti che il tempo era il nostro più grande nemico. Dalle riunioni con il team commerciale mi era stato chiesto di trovare un modo per creare più tempo.

La sfida mi piaceva perché mi faceva sentire una sorta di supereroe della Marvel con il potere di far allungare il giorno.

Mi sono dunque cominciato ad ingegnare. Nella mia idea dovevamo toglierci il problema di fare attività di data entry / lead enrichment perché era un’attività, seppur importante, senza valore aggiunto (chiunque poteva eseguirla).

La prima cosa che ho pensato è stata: “Facile, troviamo una persona che faccia data entry ed il gioco è fatto”.

Ma subito dopo ho pensato: “No Andrea, spenderemmo più soldi, e non minimizzeremmo il rischio di errore, nè diminuiremmo il tempo dell’attività. Farlo fare a qualcun altro non può essere la soluzione.”

Allora ricordo che pensai: “ma se l’attività è semplice e ripetitiva, perché non farla fare ad una macchina? Perché non automatizzarla?”

E da lì mi è balenato in mente, quasi dal nulla, un fantastico tool che conoscevo ma non avevo ancora sfruttato al massimo: Zapier.

Zapier è un tool basato su logica IFTTT (if this, then that) che permette di far scaturire delle azioni (actions) al manifestarsi di eventi (triggers). In sostanza automatizza un comportamento di questo tipo: se succede X, allora fai Y.

Form Landing Page -> Zapier -> CRM

Fortunatamente Zapier possedeva sia l’integrazione con il software di landing page che con il CRM che utilizzavamo.

L’automazione che avevamo impostato era molto basilare: ogni volta che viene generato un lead nella landing page, inseriscilo nel CRM.

Con questo zap, Zapier era in grado di leggere i dati che vengono inseriti nei campi della form e che nel nostro caso erano: nome – email – telefono – azienda – numero pezzi.

Quando l’utente, quindi, compilava la form automaticamente veniva creato:

  1. Un lead nel CRM con i dati da lui inseriti
  2. Un deal associato al lead, con il relativo quantitativo richiesto

Bene. Il primo problema – automatizzare l’inserimento del lead nel CRM – era risolto, ma mancava ancora qualcosa.

Da quale keyword si era generato il lead? Veniva da desktop o da mobile? Quale campagna lo aveva generato?

Avevamo ancora troppe domande a cui non sapevamo rispondere se non consultando, con quel processo fastidiosissimo descritto sopra, Google Analytics e Gmail.

Per una seconda volta mi sono dovuto ingegnare.

La chicca finale

Per poter passare un particolare dato, il primo problema da considerare è capire “dove” inserire e trasportare l’informazione che si porta dietro.

Fortunatamente i parametri nell’URL arrivano in nostro soccorso.

La “chicca finale” è divisa in tre step, vediamoli uno ad uno:

Trasportare nell’URL i dati di marketing

Conosci gli UTM no? Il meccanismo è esattamente quello.

Gli UTM sono parametri di Google che permettono di tenere traccia di alcune informazioni presenti nella URL e che Google Analytics potrà poi codificare ed attribuire in maniera standard ai suoi rapporti.

Perché non inserire allora altri parametri in cui tracciare, ad esempio, la keyword da cui si genera un lead?

Per fare questo ho dovuto creare su Adwords un modello di monitoraggio in cui erano presenti alcuni parametri personalizzati di Google – ValueTrack – che ti permettono di importare nell’URL alcune informazioni (come la keyword da cui si è generato il click su un annuncio).

Il modello di monitoraggio fa in modo che, ogni volta che si genera un click su un annuncio, vengano “appiccicati” dinamicamente nell’URL i parametri che hai impostato nel modello stesso.

Ora abbiamo un URL con parametri che posseggono i dati di marketing che ci interessa tracciare.

Passare i dati di marketing attraverso la form submission

Il secondo step da affrontare è stato quello di passare quei dati di marketing (sorgente, keywords, campagna, gruppo di annuncio ecc.)  attraverso la compilazione della form di preventivo.

Che significa?

Per poter associare quei dati ad un lead è necessario che il lead si generi (e cioè che venga compilata una form di richiesta preventivo). Una volta compilata la form, bisogna far si che quei dati vengano “passati” per poter essere poi associati al lead.

Tutto questo si può fare con dei campi nascosti della form i quali si compileranno automaticamente con i dati presenti nei parametri dell’URL (senza che l’utente lo veda, sono per l’appunto campi nascosti).

Il bello dei campi nascosti è che ne puoi creare quanti ne vuoi in funzione di quanti sono i parametri nell’URL.

Vuoi sapere se il lead ha convertito da desktop? Puoi passare questa informazione con un campo nascosto.

Vuoi sapere quale tipo di corrispondenza della parola chiave ha generato il lead? Puoi passare questa informazione con un campo nascosto. E così via…

Ora avevamo tutte le informazioni di marketing associate ad ogni lead.

Associare i dati di marketing ai lead del CRM

L’ultimo step è stato un semplice aggiornamento dell’automazione già indicata nella parte 1.

Modificando lo zap che integrava il software di landing page al CRM, ho aggiunto ulteriori dati che, in maniera automatica, avrebbero arricchito il lead con tutte le informazioni relative alle campagne di marketing da cui si era generato.

Conclusioni

Al termine di tutto questo, avevo creato un processo in cui:

  • I lead erano automaticamente importati all’interno del CRM
  • Ogni lead aveva associato in automatico la keyword da cui si era generato
  • Rosario era più felice perché poteva dedicarsi esclusivamente alla fase negoziale.

Guardando indietro a quanto fatto, mi sono accorto di quanto sia importante analizzare un processo e capire dove si trovano le falle.

Il ROI di un processo non si aumenta solamente intervenendo sull’anello immediatamente antecedente alla generazione del fatturato (es: ottimizzare una campagna Adwords).

Ci sono miglioramenti che devi cercare utilizzando una lente di rimpicciolimento che ti permette di vedere quella cosa da lontano, da una prospettiva diversa.

Solamente così ti si paleserà davanti quella che io chiamo the big picture!

P.S: Quest’estate sono stato in vacanza a Vulcano, Isole Eolie.

Un giorno ho scalato il vulcano dell’isola e mi si è palesata davanti gli occhi questa immagine:

vulcano

Ho subito capito che dall’alto tutto (le case, le persone) ha un altro significato.

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