Beentouch: ecco la startup che vuole rivoluzionare le videochiamate

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Ci sono aree del mondo dove la popolazione ha accesso ad uno smartphone (solitamente di fascia bassa) e a una connessione a internet (solitamente scadente). Zone del mondo tipo Sud America, Africa, India e Sud Asia, non proprio quattro gatti.

In quelle zone raramente riesci a fare una videochiamata con Skype o con un altro software “classico” di videochiamate.

Proprio a questa fetta di popolazione si rivolge una Startup Italiana fondata, quasi per gioco, da cinque ragazzi di Catania. Si chiama Beentouch, sta facendo parlare molto di se e oggi ho intervistato uno dei co-founder e CMO Daniele Pecoraro.

Vediamo cosa ci racconta di bello.

Raffaele Gaito: Ciao Daniele, come ogni intervista iniziamo con una presentazione. Chi sei, che background hai e di cosa ti occupi?

Daniele Pecoraro: Ciao Raffaele e ciao a tutti i lettori del blog!

In breve: da sempre ho avuto l’attitudine a incuriosirmi di tutto ciò che fosse tecnologico o digitale, per poi scoprire che mi trovo meglio a parlarne e a ragionare sulle implicazioni che possono avere, più che a smanettarci.

Quindi mi iscrivo a economia aziendale, e ben presto entro in un ambiente molto stimolante tra associazioni internazionali e locali, a tema impresa e innovazione. Dopo ruoli di responsabilità vari mi ritrovo nel team di co-founder di Beentouch con incarichi di marketing.

RG: Vedo che hai introdotto subito l’argomento. Allora parlaci un po’ di Beentouch. Per chi sente questo nome per la prima volta, di cosa si tratta?

DP: In un tweet: Beentouch è il software per effettuare e ricevere chiamate voce e video in alta qualità anche con scarse condizioni di rete.

Andando un po’ oltre, oggi stiamo lavorando per posizionarci come la soluzione per comunicare a distanza dove tutt’ora, per via dell’arretratezza delle infrastrutture di rete, risulta difficile.

Stiamo parlando di tutti quei paesi che oggi vivono la cosiddetta “Mobile Only Economy”, quell’ondata di digitalizzazione che, grazie alla relativa economicità dei dispositivi mobili, sta permettendo a più di un miliardo di persone di accedere al ventaglio di opportunità che internet offre.

Paesi a sud del mondo (come Sud America, Africa, India e Sud Asia) hanno saltato quasi a piè pari l’era dei PC, ma oggi proprio tutti hanno uno smartphone ed una connessione a internet. Il problema è che spesso è instabile e lenta, e i software più utilizzati nel mondo industrializzato non sono in grado di fornire prestazioni accettabili con questa connettività.

RG: Entrando un po’ più nel dettaglio, da quanto tempo ci lavorate tu e il tuo team e a che punto siete?

DP: Il progetto nasce nel 2014 tra i banchi di ingegneria informatica a Catania, in cui Danilo e Alberto quasi per gioco si sfidano, stimolati dalle ultime nozioni apprese, a creare un software VoIP che superasse i frustranti limiti di quelli sul mercato.

Ben presto da quella scintilla nasce la voglia di concretizzare il progetto, che ottiene subito l’attenzione di TIM#WCAP Accelerator, l’acceleratore di impresa di TIM.

Da lì inizia un periodo di ricerca e sviluppo tecnologico, affiancato da ricerche di mercato e attività di PR che ci ha portato a lanciare, dopo un anno circa, la versione beta di Beentouch su Android in Italia, per porre il sistema sotto stress e raccogliere i primi feedback sul campo.

L’interfaccia utente lasciava a desiderare, ma ci interessava dare in pasto agli utenti il core del software ovvero le chiamate e le videochiamate. Circa 4.000 persone si iscrivono e ci danno una marea di suggerimenti, idee e soprattutto ci aiutano ad individuare i problemi più duri. Grazie a questo periodo, undici mesi dopo rilasciamo la prima versione stabile di Beentouch per Android in tutto il mondo, che oggi conta quasi 50.000 utenti.

RG: Ho saputo che a breve ci sarà il lancio della versione web. Cosa ci dobbiamo aspettare? Quali altre novità sono in arrivo?

DP: Eh si, siamo in procinto di rilasciare le versioni di Beentouch per iOS e per Web, in modo da garantire la compatibilità massima tra le due piattaforme mobili principali e i computer desktop.

In questo modo, il tweet di sopra diventa così: Beentouch è il software multipiattaforma per effettuare e ricevere chiamate voce e video in alta qualità anche con scarse condizioni di rete.

La quasi totalità del sud del mondo, nostro target primario, utilizza Android. Per questo ci siamo focalizzati all’inizio su questo sistema operativo mobile, e adesso siamo pronti ad andare totalmente multipiattaforma per soddisfare sia gli utenti Apple (iPhone) che quelli che “vivono la vita un quarto d’ora di call alla volta” dal proprio PC.

RG: Grazie alle ottime attività di PR, molti giornali italiani hanno parlato di voi e vi hanno descritto come “l’alternativa a skype”. Quanto è vera questa affermazione? E, soprattutto, quanto pesa il confronto con un big come Skype?

DP: Sicuramente un titolo del genere invita alla lettura, e questo può far bene perché stimola ad approfondire il pezzo.

Siamo competitor di Skype “alla larga”, in quanto stiamo parlando del primo software che ha democratizzato le videochiamate, storicamente importantissimo e oggi forse il più diffuso nel mondo industrializzato.

Il peso degli anni però si fa sentire, e Skype non ha la capacità (come molti altri) di fornire il tipo di servizio che eroga Beentouch: chiamate e videochiamate soddisfacenti anche con un basso consumo di dati e un’ottima resa, il che si traduce nella nostra value proposition di chiamate e videochiamate VoIP rese possibili a tutta una parte del mondo che le sta scoprendo quasi per la prima volta.

Senza andare lontano, feedback reali di utenti ci hanno comunicato più volte che anche in occidente è preferibile usare Beentouch perché, diciamolo, usiamo un po’ tutti la connessione mobile col contagocce e soprattutto quando videochiamiamo vogliamo vedere e sentire nitidamente l’altra persona e non un ammasso di pixel con la voce robotica.

RG: Voi avete seguito un percorso di accelerazione. Quanto è utile a una Startup un approccio del genere? Quali sono stati i vantaggi che ne avete ricavato?

DPFare startup è una cosa seria. Al di là dell’idea e dell’entusiasmo iniziale, bisogna costruire tutto ciò che riguarda un progetto imprenditoriale.

Validare il mercato, perfezionare la tecnologia e testare, testare, testare prima e dopo il go to market.

Senza parlare di tutti gli aspetti burocratici e amministrativi, le dinamiche di team, la gestione del tempo con scadenze sempre più incombenti e l’entusiasmo che va sempre rinnovato e trasformato in energia per superare le sfide di ogni giorno.

Un percorso di accelerazione, se seguito con la giusta attitudine, velocizza questo processo e può aiutare molti team a partire col piede giusto verso il ciclo prova-sbaglia-migliora.

RG: Per concludere, come sempre, ti chiedo qual è il consiglio principale che daresti ai ragazzi che ti leggono e vorrebbero lanciarsi nel mondo Startup?

DP: Sulla scia della domanda precedente, dico che è necessario prima di tutto spremere sé stessi al 110% e non lasciare niente di intentato.

Sorrido quando vedo qualcuno credere che “avere un’idea” = “avere una startup”.

Ci siamo passati anche noi, ma fortunatamente abbiamo avuto molto presto quel momento di consapevolezza che ti fa rendere conto di esserti tuffato in un percorso arduo, che ti darà soddisfazioni solo dopo aver scalato l’Everest.

Perciò dico di formarvi, sia sul lato delle competenze necessarie per il proprio lavoro (e anche quelle trasversali: per capire cosa intendo guarda il video di Raffaele “Sei un Multipotenziale?”) e sulle soft skill come la gestione dello stress (che viene giù a secchiate) e del tempo (che non è mai abbastanza).

L’ultimo consiglio è quello di essere sempre di larghe vedute e saper fondere gli obiettivi di breve periodo con la visione di lungo periodo.

Questa risposta credo sia un ottimo reminder anche per me e il team!

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