Dal Commodore 64 a un accordo con JustEat. Ecco la storia di PonyU

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Ho ripetuto più volte, nei post degli ultimi mesi, che questo 2016 mi ha dato la possibilità di conoscere tantissime startup. Startup che stanno lavorando su ottimi prodotti, che hanno dei gran bei team e che, silenziosamente e lontano dai riflettori, portano a casa risultati concreti.

Giorno dopo giorno. Mese dopo mese.

Magari non finiscono sui blog famosi o sulle copertine dei giornali, ma quando ci parli riescono a trasmetterti una passione fortissima e una dedizione incredibile per la loro idea, la loro startup e il loro percorso.

Percorso non privo di ostacoli, sia chiaro, ma che con la giusta determinazione e, soprattutto, il giusto team riesce poi a dare piccole e grandi soddisfazioni.

Una di queste storie è quella di un gruppo di amici napoletani che ho avuto il piacere di seguire da vicino fin dal “giorno zero” per poi incontrarli ripetutamente, in diversi contesti e diverse occasioni, durante il percorso che la loro startup sta facendo.

L’azienda si chiama PonyU e, da ignorante del settore, la definirei una startup nel mondo del food delivery. In realtà Luigi Strino (il founder) in questa bella intervista mi ha spiegato che stanno facendo molto di più e che il cibo è solo un tassello di un puzzle molto più complesso che hanno costruito negli ultimi due anni.

Ma non ti racconto altro… goditi l’intervista!

Raffaele Gaito: Ciao Luigi, come prima cosa presentati per chi non ti conosce. Chi sei, cosa fai e che background hai?

Luigi Strino: Mi chiamo Luigi Strino sono nato a Napoli ed ho da poco compiuto 33 anni.

La mia passione per la tecnologia passa dagli anni 90 con il mio primo Commodore 64, poi l’Amiga e così via senza mai fermarmi, grazie soprattutto a mio padre, anche lui fervido appassionato. Poi i primi modem dial-up per andare online ed è così che nasce il mio amore per internet.

Tra un’attesa e l’altra mi sono trovato a 14 anni a realizzare prodotti multimediali online, imparando a utilizzare dagli albori la tecnologia flash e quindi a scrivere in actionscript. In questo modo, anche se non in maniera strutturata, portavo a casa i primi soldini.

La svolta arrivò quando, con mio cugino Mauro (oggi compagno di viaggio in PonyU) e il mio amico Antonio, formammo un trio capace di completarsi per quelle che all’epoca erano le professionalità necessarie a realizzare prodotti per il web, innovativi e di impatto grafico. Con queste premesse volevamo realizzare la nostra agenzia, gli trovammo anche un nome (la “STC Web Factory”) e ne realizzamo il logo, ma ci scontrammo con la realtà: 3 ragazzini che vogliono fare impresa a Napoli? Senza una lira? Piuttosto complicato!

Poi la maturità come Perito Informatico e l’università, progetto più volte interrotto ma che finalmente vede la sua realizzazione. Durante questo percorso, l’esperienza come militare di leva, 15 lavori diversi, poi l’inizio della mia carriera professionale nei vigili del fuoco. Tutto così veloce e così intenso da non accorgersi del passare del tempo, delle passioni che ti hanno sempre spinto a fare di più e della volontà innata di metterti in gioco.

Poi PonyU.

RG: Ok, l’hai già introdotta tu PonyU. Andiamo subito al sodo e parlaci del tuo progetto. Di cosa si tratta?

LS: PonyU nasce ormai 2 anni fa come semplice idea. Poi, dopo varie vicissitudini, sono riuscito nel compito più difficile, ossia quello di trovare persone che credessero nel progetto dedicandosi ad esso al 100%.

Il team, ad oggi, è formato da Alessandro Melorio, Luca Oliano, Raffaele Aprea, Simone Figalli, Mauro Tarallo, Marco Acito e Pasquale Vitale.

E poi, quasi all’improvviso, ci siamo trovati selezionati per partecipare allo “spring camp 2015” di H-Farm, uno degli incubatori più importanti d’Italia.

L’idea nasce dalla volontà di permettere a chiunque di accedere facilmente alla possibilità di guadagnare effettuando spedizioni all’interno della città, il tutto attraverso una semplice applicazione da noi progettata. Poi l’offerta commerciale di PonyU si è strutturata in maniera completa e funzionale al mercato del Last Mile e oggi offriamo alle aziende la possibilità di offrire ai propri clienti la propria merce in tempi brevissimi, anche in 30 min.

Offerta che include uno strumento di distribuzione automatizzata degli ordini e un’applicazione che trasforma un qualsiasi smartphone in uno strumento di lavoro per i pony express.

ponyu funzionamento

RG: Entrando un pochino più nel dettaglio, da quanto tempo ci lavorate e, soprattutto, A che punto siete?

LS: Ci lavoriamo attivamente da Marzo 2015 a seguito della partecipazione alla STARTUp WeekEnd di Napoli, durante il quale ebbi anche l’occasione di conoscerti per la prima volta. Poi l’inizio del periodo di incubazione in H-Farm ci ha consentito di andare spediti verso l’obbiettivo finale.

Ormai abbiamo un prodotto finito in costante aggiornamento, un’offerta commerciale precisa e puntiamo ad offrire i nostri servizi a chiunque voglia offrire una nuova esperienza di acquisto, non solo per la velocità con cui potranno consegnare il prodotto acquistato, ma anche grazie alla nuova customer experience che abbiamo realizzato.

Ad oggi il core del nostro business è la nostra soluzione software che proponiamo in SAAS a diversi partner, tra cui qualche nome famoso.

RG: Mi hai quasi anticipato! Una conferma importante è arrivata, infatti, da JustEAT che ha puntato su di voi a Napoli, avviando da poco una collaborazione. Come ci siete arrivati e quanto è importante per voi questo accordo?

LS: Il primo contatto con JustEat è avvenuto in uno dei tanti momenti di networking che si vivono in una struttura come H-Farm.

Da subito hanno immaginato che una soluzione come la nostra potesse essere per loro uno strumento per migliorare e intensificare l’esperienza dei clienti, consegnando in maniera puntuale il cibo e facendolo nel migliore dei modi, oltre a gestire con particolare efficienza la più grande variabile del mercato logistico urbano, i picchi, cosa che noi riusciamo a fare egregiamente grazie alla nostra piattaforma.

È ovvio dire che è un’accordo per noi importantissimo, che ci spinge in maniera spedita verso altri traguardi. Siamo fieri di quanto stiamo facendo con loro e felici di sapere che i dati ci danno ragione.

RG: Il mercato del food delivery sembra diventato molto affollato tutto d’un colpo. Credi ci sia spazio per nuovi player come voi? Se si, come “combattete” la concorrenza dei grossi competitor?

LS: Il mercato è più che affollato, negli ultimi 18 mesi sono nate tantissime realtà che si sono lanciate nel mercato del food delivery, tutte con più o meno la stessa identica offerta.

Noi invece ci siamo identificati fin da subito in un mercato che vede il food delivery una delle sue attività ed è il mercato della logistica urbana.

La nostra soluzione software e operativa permette di gestire la logistica dell’ultimo miglio in maniera innovativa, cambiando alcuni paradigmi esistenti e utilizzando le tecnologie a disposizione per innalzare il livello di automazione in maniera importante, impattando così sui costi fissi e sulla profittabilità di un business molto complesso.

Cosa che presto inizieremo a fare con un altro partner: offrire una soluzione logistica veloce e innovativa ad altri segmenti di mercato al di fuori del food. Il primo sarà quello dell’e-commerce.

RG: Il progetto è passato dall’incubazione di H-Farm. Alla luce della vostra esperienza credi che sia importante, soprattutto per chi è all’inizio, farsi affiancare da un incubatore/acceleratore nella fase iniziale?

LS: Io sono certo che sia importante e la nostra storia lo dimostra.

È grazie al fatto che H-Farm ha creduto in noi che oggi siamo qui, ma sono anche convinto che sia fondamentale farlo diversamente da come lo si fa oggi.

Credo sia giunto il momento di puntare sulla qualità. Io personalmente sono stufo di vedere incubatori e acceleratori (poi potremmo discutere a lungo sul fatto che poco incubano e poco accelerano) che diventano dei “parcheggi” per giovani laureati o per fantomatici quanto improbabili imprenditori 2.0.

Dovremmo ricordarci che fare startup, seppur con diverse sfumature, resta un avvio di impresa. Quindi si scontra con la realtà burocratica italiana e le complesse responsabilità di creare una vera e propria azienda.

RG: Per concludere, se dovessi dare un solo consiglio a chi si avvicina ora al mondo startup e vuole avviarne una, che consiglio daresti?

LS: A meno di trovare frasi ad effetto questa domanda è molto complessa.

In realtà ho fame di consigli buoni ogni giorno, e fatico a trovarne. Tanti, troppi provano solo per provarci, assottigliando così le proprie chance di successo. Troppi invece conoscono la chiave del successo senza averla mai utilizzata.

Fare startup in Italia è davvero complesso, la bassa propensione al rischio e la scarsissima liquidità creano un binomio terrificante. Quindi la cosa che mi sento di dire, ma non vuole essere un consiglio, è: per fare startup ti devi sporcare le mani, crederci, sacrificarti, imparare, e poi ricominciare da capo senza mai fermarti.

Noi di PonyU tutti i giorni ricominciamo questo processo e speriamo un giorno di poter dire “ce l’abbiamo fatta”!

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